Nabta Playa: un
nome sconosciuto ai più. Ma in questo luogo sperduto in un mare di
sabbia quasi 40 anni fa è stata compiuta per puro caso una scoperta
archeologica la cui portata rivoluzionaria, sostiene il ricercatore
Bauval, non è stata finora del tutto compresa. Ecco cosa dice Bauval.
Nabta Playa si
trova a ovest del Nilo, proprio all’estremo sud dell’Egitto. In questa
zona c’è il famoso tempio di Abu Simbel, quasi al confine col Sudan.
Ad
un centinaio di chilometri ad ovest, c’è proprio Nabta Playa. E’ il
posto più misterioso che si possa immaginare: non tanto dal punto di
vista turistico, ma dal punto di vista scientifico è davvero notevole.
Venne scoperto nel 1974 da alcuni antropologi americani: il capo della
spedizione era Fred Wendorf, molto titolato.
Ebbero davvero
una bella fortuna, perché stavano tornando indietro da un’altra
spedizione e si fermarono per riposarsi, quando si resero conto di
trovarsi in un sito preistorico molto antico. Se ne trovano molti nel
Sahara, ma questo era diverso. Infatti non sembrava un insediamento, un
luogo in cui la gente aveva abitato…
Ora noi
sappiamo che si trattava di un complesso utilizzato per le cerimonie. Un
po’ come accadeva a Stonehenge in Inghilterra: la gente non ci viveva,
si radunava lì per svolgere i propri riti e per osservare la volta
celeste. Anche a Nabta Playa c’era una struttura complessa, formata da
vari cerchi di pietra con grandi pietre. In più ci sono alcuni tumuli,
che ricordano nella forma gli igloo esquimesi: ce ne sono 12. Questo è
un aspetto molto strano, perché fino ad oggi ne hanno scavati 2 e hanno
trovato all’interno qualcosa di inatteso. In uno hanno rinvenuto una
mucca - l’intero scheletro, intatto - chiaramente vittima di una
cerimonia, vista la posizione.
Nell’altro, gli
antropologi si aspettavano di trovare un corpo umano o magari ancora
una mucca. Invece hanno scoperto un’enorme pietra pesante 3 tonnellate…
Assolutamente non si capisce come mai questi uomini primitivi abbiano
intagliato questa larga pietra per poi seppellirla nel terreno. Ma la
cosa che stupisce di più è che lì c’è un affioramento naturale, un
sedimento roccioso profondo circa 6 metri: hanno posizionato la pietra
lì sopra e poi l’hanno ricoperta.
Non abbiamo
idea di quale fosse lo scopo e non sappiamo come potessero sapere che lì
sotto ci fosse un rilievo naturale. Tutto ciò mi porta a credere- come
ho scritto nel mio libro- che un tempo quegli affioramenti fossero in
superficie: stiamo parlando di epoche molto, molto, molto remote,
probabilmente 10mila, 15mila anni fa… E’ tutto molto misterioso, io ho
visto quei tumuli e davvero sono un controsenso, non si capiscono.
Il calendario circolare di Nabta Playa
Non solo. A
Nabta Playa qualcuno, svariate migliaia di anni fa, scrutava il cielo e
leggeva il movimento apparente delle stelle. Qualcuno era già in grado
di prevedere la posizione del sole nel corso dell’anno. Qualcuno,
insomma, conosceva già i concetti-base dell’astronomia…
E’ così-
conferma lo scrittore- ma ci sono voluti 10 anni prima che gli
antropologi si svegliassero e capissero che in quel luogo c’erano anche
delle pietre allineate, verso l’est e verso il nord. Io ho subito
pensato che fossero indicazioni astronomiche e il motivo per il quale me
ne sono accorto è la disposizione di alcune di esse in cerchio. Gli
astronomi infatti si sono presto resi conto che il “cuore” di Nabta
Playa, che noi conosciamo come “il cerchio del calendario”, mostra
importanti allineamenti con diverse posizioni del sole – il solstizio,
l’equinozio…
L’annuncio
fatto sul magazine Nature fu scioccante, perchè non solo si affermava
che era un complesso astronomico, ma anche che risaliva a molte migliaia
di anni prima rispetto a Stonehenge e alle Piramidi. E’ letteralmente
il più antico complesso astronomico del mondo. Cosa ancora più bizzarra,
l’astronomo Kim Melville dell’Università di Boulder, in Colorado,
quando ha cercato di individuare l’allineamento delle pietre collocate
per vari chilometri- una fila puntava a nord, una a est- e di
interpretarle usando la datazione attribuita al sito dagli antropologi,
ha rapidamente capito che la linea ad est indicava la Cintura di Orione -
come nelle Piramidi… - mentre la linea a nord indicava il Grande Carro
dell’Orsa Maggiore: esattamente come per le Piramidi!
I loro pozzi
infatti guardano verso queste due costellazioni. Improvvisamente, viene a
sovrapporsi quello che realizzarono i costruttori delle piramidi a
quello che aveva fatto il Popolo del deserto migliaia di anni prima.
Probabilmente per lo stesso scopo: la meccanica celeste era utilizzata
per spiegare i fenomeni naturali come la piena del Nilo. Come sappiamo
il Nilo esondava ogni anno ed era al centro del pensiero egiziano: tutto
l’Antico Egitto dipendeva da esso. In questo caso, il Popolo del
deserto- che possiamo anche chiamare “il Popolo delle stelle”- osservava
i medesimi fenomeni, ma era interessato non all’inondazione, ma alla
pioggia.
E’ grazie alla
pioggia che il fiume si gonfia e straripa. Ma la pioggia, prima, deve
arrivare sul deserto. Quindi questi antichi abitanti del Sahara facevano
le stesse previsioni, ma molto prima. Cercavano di collegare quello che
osservavano nel cielo con le attività sul terreno. Questo cambia tutto!
Ora noi conosciamo una “pre-fase” della civiltà egizia, sappiamo che
esisteva un popolo di cui ignoriamo praticmanet etutto, perché a Nabta
Playa non ci sono resti umani, ci sono solo pietre… Eppure non c’è
dubbio che lì ci siano state delle persone, anche se non abbiamo trovato
sepolture umane.
Ora possiamo
fare un collegamento, tra questo popolo, quello di Jamal Uweinat e
l’Antico Egitto. C’è un corridoio che va da Abu Simbel e dalla regione
di Assuan nel sud, fino a Nabta Playa a cento chilometri ad ovest e poi
dopo altri 600 fino alla regione montuosa.
E’ evidente che
c’era un popolo che ha abitato quest’area per migliaia di anni:
dominavano il deserto, anzi, quello che oggi è il deserto. Il
cambiamento climatico li costrinse a spostarsi per grandi distanze alla
ricerca dell’acqua. I monsoni arrivando inzuppavano il suolo e formavano
laghi naturali, ma i laghi non duravano: l’acqua veniva drenata nel
terreno e i laghi scomparivano dopo 2 o forse 3 mesi. Così questo popolo
primitivo si spostava da un bacino all’altro. Ma prima di partire,
dovevano sapere bene non solo in che direzione andare, ma anche quando
andare. Era di vitale importanza essere sicuri di raggiungere il luogo
quando il lago c’era ancora: bastava arrivarci troppo presto o troppo
tardi e sarebbe stata la morte.
Credimi, io lo
so bene, perché quando si attraversa il deserto è molto, molto
importante organizzare le riserve di acqua in modo preciso: non si
possono fare errori, anche il minimo sbaglio ti può costare la vita.
Quindi allo scopo di pianificare la navigazione del deserto, essi erano
costretti calcolare i tempi e per questo osservavano le stelle. Per
questo hanno dovuto creare i calendari e gli allineamenti. Inoltre,
l’inaridimento del deserto li spinse ad andare a prendersi il cibo.
Crediamo che passare dall’abbondanza di animali da cacciare alla totale
mancanza di prede li abbia indotti a praticare l’allevamento.
Questo è
evidente quando, al giorno d’oggi, si va a Jabal Uweinat: li vedi
disegnati, come nei fumetti, insieme alle mucche, mentre pascolano e
guardano il cielo. Quindi è ormai quasi certo, non è più solo una
teoria… Ci sono egittologi, alcuni anche dei più importanti, che sono
d’accordo con questa ipotesi: esisteva un popolo preistorico, nero,
africano, che ha vissuto in questa regione del Sahara per migliaia di
anni prima che fosse letteralmente forzato ad andarsene per colpa dei
cambiamenti climatici quando il deserto divenne totalmente arido. Essi
andarono verso il Nilo-all’incirca nel 4mila, nel 3500 avanti Cristo.
Grazie a loro,
noi abbiamo scoperto l’astronomia, la costruzione delle pietre,
l’addomesticamento del bestiame, forse anche l’agricoltura. Tramite
loro, tutto ciò si è diffuso tra gli abitanti di quella terra dove
sarebbero poi sorte le Piramidi. Le tessere del puzzle della storia
incominciano ad incastrarsi…
http://www.progettoatlanticus.net/
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